Ascesa e caduta di Casa Serponti -prima parte-

Ascesa e caduta di Casa Serponti -prima parte-

ASCESA E CADUTA DI CASA SERPONTI

"Archivio della famiglia Serponti"

PRIMA PARTE

Questo articolo, che tratta dell’imponente registro, voluto da Gio: Giorgio Serponti, nella prima metà del Settecento, per tenere nota di tutti i documenti che riguardavano la sua famiglia, vuole essere di approfondimento all’articolo apparso, in questo mese di luglio, sull’Informatore Comunale di Usmate-Velate

“ […] il giorno di Venerdì trenta del mese di Luglio anno primo della Repubblica Italiana (1802). Circa le ore due pomeridiane di quest’istesso giorno è passato da questa vita il Cittadino Angelo Serponti […] ”

Il testamento di Angelo Serponti

Nel sottoscrivere questo atto il notaio Giorgio de Castillia sancisce la fine della parabola della famiglia Serponti, per lo meno, quanto compete il territorio di Usmate e Velate.

Casa Serponti a Vimercate

Paolo Serponti, fratello di Angelo, perito nello stesso 1802, continuò la dinastia, in quel di Vimercate, dove ancora oggi troviamo Casa Serponti in via Vittorio Emanuele

Casa Serponti, l'accesso su via Vittorio Emanuele a Vimercate
Il portale d'ingresso di casa Serponti e il cortile interno

La villa viene menzionata in una lettera di Teresa Casati, moglie del patriota Federico Confalonieri rifugiato a Londra, quando Teresa, nel luglio del 1814, va a Vimercate per fare visita all’abate Angelo Serponti, figlio di Paolo Serponti. 

Angelo Serponti tra "proscrizione" e debiti

Torniamo alla vicenda del nostro Angelo Serponti, del 1802, per ricordare come il mesto epilogo si fosse consumato nel solco di quei cambiamenti che l’avvento di Napoleone avevano decretato. Le mutate condizioni politiche costringono il Serponti, protagonista attivo dello status passato, a fare i conti con il vento rivoluzionario che soffia in Lombardia. Troviamo Serponti in una lista di proscrizione, a seguito dei disordini del maggio del 1796, a Pavia e dintorni, che lo condurranno agli arresti quale membro del Consiglio dei Sessanta Decurioni di Milano. Nel giugno del 1796, in condizione di recluso a Tortona, deve eleggere suo procuratore l’avvocato Carlo Marocco. Solo nel settembre di quell’anno un atto di clemenza del governo rivoluzionario francese lo rimetterà in libertà. Al contempo per il Serponti si era profilata la necessità di ripianare una situazione finanziaria che si era fatta pesante. 

La vendita della provincia di Usmate-Velate

Un anno dopo la sua morte, il patrimonio di Usmate e Velate, in case e terreni, entra formalmente nelle disponibilità di Rinaldo Belgiojoso per la cifra di 460.000 lire. Somma destinata a ripianare i debiti del Serponti. Ricordiamo come la parola fine, all’intricato iter di soddisfazione dei creditori, si concreterà nel gennaio del 1837 con, nota di curiosità, Beatrice Belgiojoso, figlia di Rinaldo, a saldare, anche se formalmente non dovuti, gli interessi alla Fabbriceria della Chiesa di Velate su affitti di beni della Chiesa non pagati dal Serponti.

L’atto formale che sancisce la vendita dei beni di Angelo Serponti, morto un anno prima. Abbiamo evidenziato nell’atto quel “per persona da dichiararsi”, poi palesatasi come Rinaldo Belgiojoso indicato da Ambrogio Pozzi, durante la trattativa con il procuratore del Serponti, Carlo Marocco. In evidenza il prezzo della transazione: 460.000 lire.

Il registro dell'Archivio Serponti

Nell’occasione dell’importante transazione, di cui si è detto, come di consuetudine, la documentazione che attestava la legittima proprietà dei beni, passava al nuovo proprietario. Fu la sorte di un importante registro, prodotto dai Serponti, che avevano tenuto annotazione di un numero quasi totale degli atti pubblici e privati che avevano interessato la casata. Oggi il regesto è conservato presso l’Archivio di Stato di Milano, siglato come “Archivio della famiglia Serponti”.

Il regesto dei documenti della famiglia Serponti, aperto alla pagina in cui inizia la trattazione degli acquisti dei beni Albrizzi, altra nobiltà dell’epoca.

Sarà su questo corposo volume che concentreremo il nostro interesse odierno. Un sommario dei documenti, un tempo nelle disponibilità dei Serponti, ognuno siglato con le indicazioni che rimandavano ad una collocazione precisa nell’archivio della famiglia: numero del cassetto, della cartella e del documento. 

Esempio delle indicazioni relative alla collocazione dei documenti. Le tre colonne indicano rispettivamente il cassetto, la cartella e il numero del documento.

I capitoli del registro

Il volume compilato da tre persone differenti, particolare che si coglie per le diverse grafie presenti, è suddiviso in 152 capitoli che toccano i più disparati aspetti che segnano l’esistenza della dinastia. Abbiamo avuto modo di parlare dei Serponti in molti articoli proposti in passato. Una breve introduzione per ricordare la famiglia le cui origini si collocano sul lago di Como a Varenna, e quindi nella tipica evoluzione del patriziato dell’epoca, l’approdo nella capitale del Ducato, Milano, ricoprendo via vai, sotto le varie dominazioni, dagli Spagnoli agli Austriaci, cariche di rango. 

L'eredità di Giorgio Serponti

Verso la fine del ‘700 il patrimonio lasciato in eredità da Giovanni Giorgio Serponti, padre di Angelo, si compone di beni che interessano le località di Magenta, Velate, Gerno e Pegorino, Usmate, Lomaniga, Vedano, poi Spiazzo e Bagaggera, nella zona del Parco della Valle del Curone; ed ancora nel lecchese le località di Germanedo, Acquate, San Giovanni alla Castagna, Rancio, Lecco, Bellano, Varenna, Lierna, Dervio. Ritornando al nostro registro ricordiamo la data d’inizio compilazione, che risale al 1744, riconducibile quindi all’epoca di Giorgio Serponti, appena citato, senz’altro l’esponente con cui la casata ha raggiunto l’apice della sua parabola. Con buona probabilità la cura del volume si esaurì con la morte dello stesso, le registrazioni arrivano, infatti, sino alla metà degli anni Sessanta del Settecento. Le fortune della famiglia erano in parte da ricondursi all’attività di “prestatori di denaro”, grazie alla liquidità di cui disponevano. Creditori, poi nell’impossibilità di onorare i loro debiti, determinavano l’inevitabile conseguenza di incamerare, da parte dei Serponti, i beni posti a garanzia. Quest’attività segnerà buona parte del Settecento, ancora dopo la morte del marchese Giorgio Serponti, avvenuta nel 1775, Angelo continuerà questo tipo di pratica, sino agli eventi narrati all’inizio dell’articolo. 

I contenuti del registro

Il nostro prezioso volume si fa notare, in primis, per la sue dimensioni; poco meno di mezzo metro in altezza per una larghezza di 39 centimetro, lo spessore non è da meno, 11 centimetri. Composto da 417 fogli numerati, quindi oltre 800 facciate. I due piatti, anteriore e posteriore, d’aspetto “marmorizzato”, risultano scoloriti dal tempo. La cuffia del dorso riporta lo stesso motivo. La rilegatura svela la corda dei “nervi”, nella zona tra il dorso e i due piatti. 

L’aspetto logoro del volume, che racconta tanta parte della storia della famiglia Serponti.

Dirigiamoci ora al contenuto del volume. Per ragioni di spazio suddividerò in più puntate la dissertazione, tuttavia, potremo solo accennare all’intero contenuto del registro. Tratteremo, ora, gli aspetti generali e la prima parte del registro, toccando qualche contenuto degno di nota o curiosità. Continueremo, completando nel prossimo numero, la descrizione del regesto, lasciando ad una ultima puntata la trattazione delle registrazioni che interessano il nostro territorio. Il libro inizia introducendo la dinastia. Un documento, datato 1468, che in qualche modo vuole autenticare una nobiltà di stirpe antica, dice dell’autorizzazione della Duchessa di Milano per vendere “tanta parte del Castello […] donati in feudo al qm. […] Soldato Tomasio de Serponte […] sino alla somma de Ducati 1000 […]”. 

La registrazione che descrive il documento che risaliva al 1468 sottoscritto dalla Duchessa di Milano

Dalla metà del Seicento abbiamo documenti che attestano la carriera militare di un Tomaso Serponti. Stessa epoca, il Re di Spagna Filippo IV, concede a Giorgio Serponti una “Piazza nella Reggia Segreteria” e a Alessandro Serponti “ […] un Comissariato biennale della Pesca del Lago di Como […]”. 1661 Bolla di Alessandro VII, concede a “ […] Alessandro Serponti Chierico Milanese […] il Priorato di S. Pietro di Paulo Diocesi Lodigiana […]”

La bolla papale del 1661 per la nomina di Alessandro Serponti

La carriera ecclesiastica di Alessandro e poi sostenuta, qualche anno dopo, dal Re di Spagna Carlo II, affinché il Serponti sia nominato Canonico della prestigiosa Santa Maria della Scala di Milano. Ancora un re, ad inizio Settecento, Filippo V, “spingerà” il prelato alla carica di Arciprete, nello stesso ambito milanese. Nell’ultimo quarto del Seicento, Carlo II nomina “Questore del Magistrato Straordinario del Stato di Milano” Valeriano Serponti. Inviato poi alla Corte di Vienna “ […] per accudire alla ragioni del Feudo di Sabioneda […]”, vedrà sfumare la sua nomina a Questore, finendo nella lista di attesa per il primo posto che si fosse reso disponibile. Una Laurea Dottorale al Sig. Conte Gio. Giorgio Anselmo Serponti, acquisita a Pavia nel 1734, chiude il primo capitolo del registro. 

Nel 1734 la Laurea Dottorale al Conte Gio:Giorgio Anselmo Serponti

“Nobiltà, e Genealogia della Famiglia Serponti” è il titolo della seconda sezione. Tra le citazioni si dice di un “ […] Antonio Serponti Oratore mandato dal Commune, e uomini di Varenna a Bernabò Visconti ad effetto di placare il suo sdegno […] condannata (la comunità a pagare) fior. 4000”. A conferma di quella nobiltà, che si doveva in tutti i modi affermare, è del 1574 la chiamata, da parte del Giureconsulto Ascanio Serponti, affinché, testimoni qualificati fossero in grado “ […] di provare la sua Nobiltà, “ come certificava il Notaio Francesco Maria Oldone. Nel 1691, qui inizia un nuovo capitolo del registro, i Serponti acquistano il Feudo di Mirasole nel novarese. Curioso il termine usato nell’atto d’assegnazione per determinare il prezzo pagato che sarà di “ […] 45 lire per ogni fumante” , inteso in senso lato, come “capofamiglia”, o meglio, persona che in funzione della sua posizione economica poteva essere tassato. Il registro propone poi una serie di sezioni che toccano la “sostanza economica” della famiglia, si tratta di testamenti, doti, matrimoni, divisioni e inventari. Questa sezione si compone di quattro diversi capitoli. [ (4), (5), (6), (7). ]  Incontriamo poi la documentazione della Casa da Nobile in Milano, Porta Orientale, Parrocchia di San Babila. Risultata, infine, nella disponibilità del fratello di Angelo, Paolo Serponti, fu ceduta dagli eredi, alla sua morte nel 1802. La sezione, che riguarda la prestigiosa dimora milanese, si compone a sua volta di diversi capitoli, ognuno dei quali riconduce ad acquisizioni realizzate attraverso la trattativa con differenti soggetti svoltisi in tempi diversi. Le famiglie coinvolte sono: i Porta, i Selvatici, Mornico, Lonati e  i Pieno. Si registra infine un accordo con le Monache di Santa Marcella, per uno scambio di locali. E’ la volta degli atti che trattano “la villa di Varenna con giardino”, oggi nota come “Villa Cipressi”, nella veste di struttura di accoglienza turistica.

Il borgo di Varenna all’inizio del Novecento. Sul promontorio la villa che era stata dei Serponti.

Nel 1639, le pratiche per l’acquisto dei diritti necessari a condurre l’acqua all’interno della villa per abbellire, con una fontana, il giardino. Anche questa proprietà fu alienata alla morte dei due Serponti nel 1802, ed acquistata da Carlo Innocenzo Isimbardi.

Per saperne di più

Casa Serponti a Vimercate

Questa abitazione era stata acquistata da Paolo Serponti, nel 1778, dopo la divisione dei beni, seguita alla morte del padre.  Curiosa l’introduzione all’atto d’acquisto che così recita: “Desideroso l’Illustrissimo Marchese Don Paolo Serponti di avere una casa di campagna in buona situazione, e comoda per occasione del suo, e sua Famiglia passaggio alla sua villeggiatura sita nel territorio di Germanedo […] abbi fatto per mezzo di S. E. il Sig. Conte Gian Giacomo Durini e dell’Ill. Sig. Marchese Don Egidio Gregorio (Orfini) Roma interpellare graziosamente l’Ill. Sig. Dott. Coll. Don Ambroggio Pecchio Cignardi, se volesse compiacersi di venderli la sua casa da Nobile, e Beni siti nel territorio di Vimercate, con tutta la Mobilia in essa esistente di sua ragione unitamente alle Tine Vasellami Torchio, ed altri attrezzi, scorte si vive che morte con tutte quelle altre ragioni annesse a detti Beni…”. Quindi, giudicando fosse necessario, nel viaggio da Milano a Germanedo, istituire una tappa intermedia, il Serponti aveva inteso procedere con l’acquisto in quel di Vimercate. Unitamente alla casa da Nobile ed al giardino annesso, figurano nell’acquisto una casa da massaro ed una da pigionante oltre a 500 pertiche di terreni in parte coltivati a vite. Non mancava il torchio che confermava la vocazione vinicola della Brianza del tempo. A vendere la proprietà Ambrogio Pecchio Cignardi, che tuttavia suo malgrado dovette complicare un poco le cose. I beni di Vimercate erano soggetti ad un vincolo di primogenitura, che di fatto impediva l’alienazione della proprietà. Tuttavia tale istituto giuridico, di difficile comprensione ai nostri giorni, poteva essere in qualche modo superato. Di fatto appurato che una volta esaurita la linea dinastica dei Pecchio, le proprietà sarebbero entrate nella disponibilità della Congregazione della B. V. di Loreto, istituita nella Chiesa di San Fedele a Milano, Ambrogio Pecchio, dietro un esborso di 4200 fiorini, si affrancò dall’obbligo, voluto dal suo avo Capitano Luigi Cignardi, su tutti i beni posseduti, compresi quelli di Vimercate. Ritornando al nostro Serponti la spesa ammontò a 10.000 fiorini. Cifra in cui si contemplavano 2000 fiorini, proprio per concorrere alle spese del fedecommesso, (vincolo di primogenitura) che abbiamo illustrato. La cifra fu vincolata presso il Monte di Giustizio, detto di Santa Teresa, a garanzia del citato fedecommesso e di quanti potessero avanzare pretese al proposito e nell’attesa che tutte le necessarie autorizzazioni allo svincolo fossero concesse. Si stabilì inizialmente un vincolo per 10 anni. Non è chiaro se una volta concluso l’esborso dei 4200 fiorini a favore della Congregazione della B.V. di Loreto, la cifra passo nelle tasche di Ambrogio Pecchio. L’atto prevedeva, per l’arco di tempo in cui tutte le formalità fossero espletate, che il Serponti, attraverso tre rate annue, dovesse versare al Pecchio un interesse sui 10.000 zecchini, dell’ordine del 3,5%. Concludiamo con una curiosità contenuta negli accordi di vendita. Si fa menzione allo stock di “tine e vasellami”, custodito nella proprietà e si concorda di comprendere nel prezzo di vendita, la quantità necessaria a contenere le uve del raccolto annuale. Se i contenitori fossero stati in eccesso, il Serponti, attraverso la valutazione di un personaggio terzo, avrebbe avuto facoltà, o meno, di procedere, con un ulteriore esborso, all’acquisto dell’eccedenza.

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Eredità di Gio: Giorgio Serponti

Dopo la Morte di Giovanni Giorgio Serponti, avvenuta il 14 agosto del 1775, i due fratelli Paolo e Angelo Serponti stipuleranno un primo atto di divisione dei beni il 16 ottobre del 1776. Nell’occasione, di comune accordo, i fratelli decideranno che l’abitazione che era stata del padre al centro di Milano, vicino a san Babila, sarà da quel momento goduta da Paolo Serponti, che riconoscerà al fratello 4000 fiorini. Nella stessa occasione si fa menzione di gioielli che il defunto aveva lasciato, per suo uso personale, alla moglie di Paolo, Teresa Taverna. Anche Angelo aveva ricevuto alcuni gioielli dal padre. Fatti i debiti conti, risultò che ad Angelo Serponti spettasse un conguaglio di 2700 lire imperiali. Altro capitolo, la dote di Teresa Taverna, il cui residuo era da annoverare nei capitali del defunto e dunque in questo caso fu Angelo, per una cifra di poco superiore agli 800 fiorini, a conguagliare il fratello. A queste cifre si dovevano aggiungere gli interessi di legge, a partire dalla data di morte del padre dei due. Ancora in questa occasione fu diviso tra i fratelli il valore del capitale che assommava ai differenti crediti che il padre vantava da più personaggi. Questo l’elenco dei debitori: marchese Orrigoni, signor Tappa, conte Carlo Brentani, signor Giuseppe Clerici, signora Regina Beccaria, i fratelli Ramponi, il conte Benedetto Arese, i fratelli Noti e il marchese Brivio. Calcolati gli interessi ad ogni fratello andarono 2355 fiorini gigliati.

Come sempre una nota di colore che si svela da questo tipo di scritti notarili, nella necessità di essere il più inequivocabile possibile, fanno sorgere, oggi, qualche sorriso. Questo un estratto di quanto fosse compreso nell’acquisto della casa da Nobile in Porta Orientale: “[…] con tutti li serramenti, caminiere, telari, fregi, e gelosie […], direte, tutto scontato, chi vende una casa e si porta via i serramenti e quant’altro. Non è così, se questo vale per le due stanze, una con tappezzeria in damasco rosso, e l’altra celeste, utilizzate dal padre defunto, dobbiamo registrare che il prezzo dei serramenti dell’appartamento goduto dalla marchese Teresa Serponti, non è compreso nel prezzo, visto che gli stessi infissi erano stati realizzati a spese di Angelo Serponti. 

Il 20 marzo del 1777 un nuovo atto notarile determina come sarà divisa la fetta più consistente dei beni Serponti. Oltre ai due fratelli, la progenie si completava con la sorella Maria Teresa a cui il padre aveva garantito: “… il trattamento e mantenimento di Tavola Appartamento Carrozza, Servitù, ed annua corresponsione di Gigliati Cento…”. Tutto questo sino al momento in cui la donna si fosse sistemata, o sposandosi, oppure, scegliendo la via spirituale. Il Conte Giacomo Durini risultava essere l’esecutore testamentario delle volontà di Giorgio Serponti. Sotto la sua guida si decise di mettere in campo una serie di professionisti: avvocati, ingegneri, agrimensori ragionieri ed altri, affinché si procedesse alla formazione di due “piedi” (parti) che sarebbero stati  assegnati ai fratelli Serponti, attraverso un sorteggio. Il lavoro richiese tempo, si iniziò visitando le varie proprietà. Non da poco gli impedimenti, derivati da quei vincoli di primogenitura, che gravavano su diverse proprietà, non solo di quelle possedute da sempre dai Serponti, ma anche da quelle acquisite attraverso, i matrimoni dei componenti la dinastia. Si arrivò dunque, a definire le due parti di eredità. Una che comprendeva i beni di “Trecate Provincia Novarese, e Maggenta Ducato di Milano… e l’altra negli altri beni della Città e Provincia di Milano…” esclusa la casa da Nobile in città, che era stata conservata da Paolo Serponti. Un complesso iter fatto di scorpori ed unione ad altra parte di beni, di questa e quella proprietà, così come monetizzare il valore di quegli immobili che non era possibile adattare alle operazioni sopra descritte, determinò  la fase di messa a punto della divisione. Naturalmente tutti questi maneggi, avrebbero dovuto essere approvati da una dispensa conferita dal Senato del Ducato di Milano. Il sorteggio vide la stesura di due biglietti con il nome dei due fratelli, che messi in un cappello, furono tirati a sorte da un fanciullo, che levò quello con il nome di Angelo Serponti. Quindi altri due biglietti furono compilati con le scritte di “A” e “B”, che corrispondevano alle due parti in cui si era divisa l’eredità Serponti, e posti ancora in un cappello, un altro fanciullo fu chiamato all’estrazione. Uscì la lettera “B”. Quindi ad Angelo Serponti sarebbe toccata la parte di proprietà identificata con quella lettera. Prima di entrare nel dettaglio delle due partite, visto che il piede A era di maggior valore, il marchese Paolo Serponti dovette riconoscere al fratello poco più di 42.000 lire imperiali, per equiparare il valore delle due eredità. 

La pagina dell’atto, che tratta il sorteggio, per la divisione dell’eredità

Per approdare all’atto conclusivo del marzo 1777, come abbiamo detto, era stato necessario, procedere ad una serie d’incontri, che avevano visto protagonisti: l’avvocato Carl’Antonio Minale che rappresentava Paolo Serponti, l’avvocato Felice Albrizi, per parte di Angelo Serponti ed ancora il ragionier Lorenzo Raimondi e il mediatore Gio: Batta Mazzucconi, uomo di fiducia dei due fratelli. Abbiamo contato a partire dal mese di luglio del 1776, dieci incontri, in quell’anno, ed altri cinque nell’anno successivo, l’ultimo si era svolto il 14 febbraio 1777. Il gruppo s’incontrava, più o meno con cadenza alternata, nelle abitazioni dei due avvocati.

Queste le riproduzioni che illustrano i due “piedi” in cui fu divisa l’eredità Serponti. Ricordiamo che il piede “A” fu di Paolo Serponti, 

mentre il piede “B” entrò nelle disponibilità di Angelo Serponti.

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La lettera di Teresa Casati

Milano il 6 Luglio 1814.

Carissimo Federico,

Ancora nessuna tua lettera dopo la tua partenza da Parigi ; ti assicuro che questa mancanza mi tiene in somma agitazione; sia esatto per carità nello scrivermi, te lo ripeto, le tue lettere sono la sola risorsa che m’abbia. Ieri l’altro sono andata a Vimercate dall’ abate Serponti (1) il quale ci ha dato un pranzo a tutte tre le sorelle; tanto nell’andare, quanto nel ritorno sono passata espressamente dalla Santa, per vedere di far eseguire un ordine che ho carpito alla Reggenza, di esenzione d’alloggi per la tua casa. Figurati che ci avevano destinato il colonnello Vandoni (2), con moglie, figli, servi, cavalli e quattro ufficiali; volevano tutta la casa in libertà ed anche molte somministrazioni alle quali non si è tenuti, e che hanno nessun diritto di pretendere ; io mi sono arrabbiata moltissimo e tanto feci che in fine riuscii a liberarmene. Tutto il ricavo delle gallette della Santa monta a circa trecento lire di Milano, e a Valmadrera se ne fece la metà, ed anche meno degli altri anni. A Zelo è già principiata la filanda, e le cose sono state trovate in regola dal Barchetta, il quale ne è ritornato questa mattina. Morto il marchese Serafini, (3) suocero della Serafini (4); io ho dovuto mettermi in lutto attesa la parentela che il medesimo aveva colla casa Casnedi. Bianchetti (5) ti saluta, egli è partito ieri con Agucchi (6) per Vienna. Dicono che ci vanno per diporto, ma generalmente si crede che siano in deputazione per domandare d’essere riuniti all’impero d’Austria, piuttosto d’essere aggregati al Governo Papalino (7). Cicogna parte domani o dopo per Londra ; egli conta fermarsi tre o quattro giorni a Parigi, io gli darò una lettera per te, la quale però sono persuasa ti giungerà tardi, e vorrei pure giungesse a Londra quando ne fosti già partito, giacché avrei cosi la speranza di presto abbracciarti. Bellegarde, spaventato della somma che si doveva dare al signor Ricci per l’indenizzazione della fabbrica del teatro, ha decretato che l’impresa continuerà coi giuochi come si trova attualmente per tutto quest’anno; si penserà in seguito ad una nuova impresa. Le truppe italiane, che si stanno organizzando a Como, hanno gettato a terra le loro coccarde, ci hanno sputato sopra, ed hanno gridato Viva Napoleone; non so quali misure siano state prese in seguito a questo disordine : anche a Brescia è seguita una cosa consimile. Settala è veramente pazzo, non v’ha progetto bestiale ch’egli non metta sul tappeto, figurati ch’egli vorrebbe fosse qui stabilita l’Inquisizione; egli racconta gran cose di sua moglie, la quale secondo lui riceve molte distinzioni a Vienna, tanto dalla Corte dell’Imperatore quanto dall’Arciduchessa Beatrice. L’imperatrice Maria Luigia si fa detestare a Vienna, essa non parla che di suo marito, non parla che il francese, e non riconosce niente di tedesco; essa parte a momenti per i bagni d’Essei in Savoia. Ieri mi è stato raccontato per certo essere arrivato un ordine dell’Imperatore di trattenere le truppe che dovevano partire per l’Austria; si dice che sia perché alia sua venuta in Italia vi voglia trovare un numero di truppe per fargli scorta quale lo esige la sua persona, ma se ne ignora la vera ragione; chi sa che sia forse per il Re di Napoli? Beccaria ti saluta, e mi disse che mi porterà le cento e più lire di cui tu sei creditore. La M. G. è d’un umore orribile, credo che ciò sia in parte prodotto dal non avere tue nuove; quel che è singolare è che ha l’aria di prendersela con me, come io ne avessi colpa. Tutti gli amici ti salutano, la contessa Bigi in particolare. Dammi, ti prego, tue nuove il più spesso possibile e credimi veramente di cuore e per sempre
aff.ma Moglie
T. C. C.

A Monsieur

Monsieur le Comte Frédéric Gonfalonieri Londres.

1) Il conte Angelo Serponti, cavaliere di S. Stefano di Toscana, possedeva una villa a Vimercate.

2) Il Vandoni, cavaliere della Corona ferrea, comandava il 4° reggimento di fanteria leggera.

3) Il marchese Serafini, marito di donna Antonia Casnedi, zia della madre di Federico.

4) La nuora del marchese Serafini era donna Francesca, nata Litta Modignani.

5) II conte Cesare Bianchetti, barone del regno italico, ciambellano vicereale. Fu podestà di Bologna e fu amico del Foscolo, che parve farne gran conto, se si giudica da una lettera appunto di questi tempi pubblicata in Bollettino ufficiale del 1° Congresso di Storia del Risorgimento, N. 4. Per le sue relazioni col Canova, vedansi Vittorio Malamani, Un’amicizia di Antonio Canova – Lettere di lui al conte Leopoldo Cicognara, Città di Castello, 1890, pagine 79, 80, 85, ed anche Vittorio Malamani, Memorie del conte Leopoldo Cicognara, Venezia, 1880, voi. II, p.p. ni e seg.

6) Alessandro Agucchi, bolognese, già membro del Consiglio degli uditori, poi del Consiglio legislativo, prefetto dell’Alto Adige nel 1810, lo era dal 1811 del dipartimento di Passeriano.

7) Era verissimo, e l’Austria lasciava fare volentieri. Inoltre, i conti Fava Ghislieri e Squarzoni, che si recavano a Vienna per sostenere la tesi opposta, implorando cioè la restituzione delle legazioni, donde eran nativi, al papa, furono impediti di proseguire per gran tempo ed anche incarcerati. Cfr. P. I. Rinieki, Corrispondenza inedita dei cardinali Consalvi e Pacca, cit., p.p. 66, 77, 103, 1S3, e Lemmi, op. cit., p. 446.

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