ISTRUMENTO DIVISIONE PROPRIETA’ OSIO ALLA CASCINA DEL BRUNO ANNO 1717

ISTRUMENTO DIVISIONE PROPRIETA’ OSIO ALLA CASCINA DEL BRUNO ANNO 1717

Come abbiamo visto nella descrizione dell’oratorio, nell’anno 1847 la signora Osculati vedova del signor Caronno ha uno scambio epistolare con la “Fabbriceria” di Arcore, in cui  dibatte sull’oratorio della cascina del Bruno. La signora avanza diritti di proprietà e vuole vendere il locale ad uso oratorio alla parrocchia, quest’ultima sostiene che lo stesso è di proprietà comunale, sappiamo infine dell’intervento della Parrocchia  che  recupera l’edificio, grazie alla disponibilità di diversi benefattori. Si arriva poi, al 1887 ed ancora la signora Osculati è protagonista, questa volta dona l’oratorio alla parrocchia. L’evoluzione ci ha stupito, ci siamo chiesti come a distanza di qualche anno,  la signora potesse ora, disporre del bene. Ecco spuntare un atto, che ne comprova la proprietà. Frugando fra i documenti dell’archivio parrocchiale, in un elenco che ne riassume i contenuti, l’estensore nel descrivere l’attestato che dichiara il possesso, scrive: “Istrumento antico comprovante essere proprietà ora della vedova Caronno l’oratorio del Bruno” , sottolineiamo quel “ora” come se solo in quel momento, il documento fosse apparso per accreditare la Osculati. Di cosa si tratta? E’ una divisone di beni fra famigliari antenati della Maddalena Osculati, l’anno di redazione è il 1717. E’ stato curioso e per certi versi interessante conoscere il contenuto del documento. Riproponiamo nella forma più leggera possibile  l’atto, “raccontandone”, il contenuto. Il signor Francesco Osio, muore, i suoi beni devono essere divisi, con probabilità non ha fatto testamento ed ecco che i legittimi eredi escogitano il modo. Prima di addentrarci nei particolari, una sorpresa, la presenza della famiglia Osio alla cascina del Bruno, ci ha messo in allerta, che ci fossero legami con gli Osio di Velate, invischiati nella vicenda della monaca di Monza, di cui abbiamo trattato ampiamente in altri post. Degli Osio a Velate si perdono le tracce dopo gli accadimenti del 1607, è possibile che abbiamo trovato una nuova collocazione nella discreta cascina del Bruno? Non lo sappiamo, ma la curiosità di spingere oltre le ricerche non ci abbandona. Dunque ritorniamo alla divisione dei beni. Accampano diritti di successione la moglie del defunto, la signora Angela Carcano Osio, la figlia Claudia Osio, e il fratello del defunto, Ottavio Osio, di fu Carlo. Di comune accordo, come poi sottoscrivono nel documento, chiamano l’agrimensore Gerardo Besana, di Agrate perché stimi e divida i beni del defunto. Ci sovviene un modo di dire, non propriamente ecumenico della Brianza, che avrebbe dovuto servire da monito agli eredi: “fà minga a  mèzz gnianca a di la curùna del rusari”, (traduco; lo spirito individualista e un po’ sospettoso del brianzolo,  mette in guardia sul fatto di condividere con altri i propri interessi, tanto da mettere in discussione anche il rosario. Sappiamo bene che la preghiera ha la sua peculiarità nella recita in comune, dove una persona recita una parte della preghiera quando poi le altre, la completano), ma tant’è. La divisione deve essere fatta come suggeriscono i protagonisti “con meno spezzi sarà possibile”, poi l’atto aggiunge “d’assegnarne la mettà sotto la parte A e l’altra mettà sotto la parte B che poi saranno tirate a sorte tra il detto sig. Ottavio Osio e la sig.ra Claudia Osio come figlia ed erede del  fu sig. Francesco che sia in celo, alla norma della legge”. La sorte avrà il suo ruolo, al momento si accontentano e noi con loro, di auspicare che il defunto sia in paradiso, per essere tutti in pace con la propria coscienza. Dopo questo preambolo, gli interessati sottoscrivono, con la formula di rito  che racchiude tre volontà, “affermo, mi obbligo e mi accontento”. Per la moglie Angela la firma è apposta da tale Giacomo Antonio Densi, dacché la signora non sa scrivere.

E’ luglio inoltrato, precisamente i giorni 19 e 20 nell’anno 1717  quando l’agrimensore giunge alla cascina del Bruno per compiere i rilievi e dividere i beni. Le proprietà sono distribuite far la cascina del Bruno e la confinate Oreno, si tratta di “terreni avidatti, campi, boschi, casa nobile”. Il geometra d’antan, ha anche l’accortezza, prima del censo, di “comprendere le dovute informazioni sopra la loro carità, bontà e qualità”, riferendosi agli eredi. Lo stesso agrimensore ci spiega poi entrando nel “tecnico” che ha tenuto conto di una serie di  deduzione e “cavate” affinché la legge sia rispettata e possa quindi tirare in sorte le parti che saranno assegnate agli eredi. Elenca a questo punto i beni che saranno di pertinenza della parte “A”. Queste le spettanze :

la vigna detta della Croce di pertiche quaranta tre, ventidue piedi, tre  oncie sette ponti. La stima di capitale netto lire cinque mila trecento venti due soldi dieci, dico 5322.10.

 quadro di sopra delli Campelli pertiche otto, tavole ventidue, piedi tre, oncie dieci ponti nove. Lo stimo di capitale netto lire trecento ottanta, soldi quatordeci, denari tre. dico 380.14.3

quadro di sotto delli detti Campelli pertiche cinque, tavole ventidue, piedi undeci, oncie sette, ponti dieci. Lo stimo di capitale netto lire duecentocinquantaquattro, soldi cinque, denari nove. dico 254.5.9

il bosco detto di castani che di presente è d’una foglia  pertiche otto, tavole quatro, piedi uno, oncie nove. Lo stimo  di capitale netto lire quatrocento cinque, soldi 19. dico 405.19

il  Boschetto detto verso Oreno che di presente è di sei foglie pertiche quatro, tavole diecinove, piedi due, ponti 9. Lo stimo di capitale netto lire centoquaranta, soldi quatordeci, dinari tre. dico 140.14.3

la sua porzione delle case dei pigionanti, che sono nella Corte della Casa  da nobile La stimo di capitale netto lire milletre cento ottantaquatro, soldi sette, denari 6. dico 1384.7.6

A questo punto il lavoro del Besana si fa “fino”, dividere delle abitazioni con le loro pertinenze non è semplice, visto anche che a quei tempi le costruzioni venivano su un po’ come le esigenze richiedevano, senza un progetto razionale e con aggiunte, che non agevolavano il lavoro di cesello che l’agrimensore si era proposto di realizzare. Ecco che con equilibrismo assegna una parte di casa, e non la scala che sarà comune, quello stallino e quella cantina mentre questo e quest’altro saranno in comproprietà. Per non tediare riportiamo soltanto che una parte  di tale abitazione nel piano superiore è di proprietà del nobile Conte Scotti. La divisione continua.

la sua porzione della casa da nobile  se gli assegna la prima cucina, le due colombare che sono sopra li detti duoi superiori, la metà del luogo di fabbrica nuova, con il sito aperto che resta tra la detta fabrica nuova, e li infrasritti stallini, la cantina sotto terra con la  scala corrispondente al giardino per discendervi, più la metà della corte, il forno sotto il suo portichetto che è in testa a detto giardino.

divisione proprietà da catasto teresiano

Cascina del Bruno dal catasto teresiano.

A questo punto una citazione dell’oratorio, si precisa che la porta grande che da sulla strada ed è presso l’oratorio, sarà appannaggio della parte “A”, mentre l’oratorio stesso come il pozzo posto vicino al forno resta a disposizione di ambo le parti come degli altri compadroni della cascina del Bruno. Una precisazione, il pozzo è accessibile sia dall’interno che dall’esterno del giardino, quindi la parte “A” avrà accesso dall’interno, di contro gli altri dovranno fare il giro e servirsi dal di fuori. Alla stesso modo, è evidente che oltre al pozzo sia   a disposizione degli altri proprietari della cascina, anche l’oratorio.

La stima delle pertinenze e della casa nobile stessa, risultano di capitale netto lire duemille sette cento quarantaquatro, soldi due. dico 2744.2

Per pareggiare i conti l’agrimensore decide che alla parte “A” deve essere riconosciuta una piccola somma in denaro, tanto che alla fine il capitale totale spettante alla prima parte risulta lire 10644, soldi 5, denari 9.

Entra in gioco la parte “B” ecco le spettanze:

la vigna detta la vigna vecchia che si dice essere situata nel territorio d’Oreno pertiche trenta, sei tavole sei, piedi tre, oncie otto, ponti cinque. La stimo di capitale netto lire quatromille cento settantuna, soldi dieciotto. dico 4171.18

la  vigna detta la novella altre volte campo ed ora con dentro sei file de viti a fuoppa? novelli tre delli quali sono d’anni 4 e tre d’anni cinque che si dice  essere anch’essa situata nel detto territorio d’Oreno pertiche diec’otto, tavole tre, piedi quatro, oncie nove. La stimo di capitale netto lire mille seicento sessanttuno soldi tredici dinari 6. dico 1661.13.6

il campo detto il Tolino? pertiche sette, tavole diecisette, piedi otto, oncie otto, ponti quatro. Lo stimo di capitale netto lire cinquecento quarantasette, soldi tre. dico 1547.3

il bosco di rovere detto verso Monza,  che di presente è di quatro foglie pertiche quatordeci, tav. cinque, piedi nove, once otto, ponti 6. Lo stimo di capitale netto lire cinquecento tredeci, soldi quatro, denari tre. dico 513.4.3

sua porzione delle case de pigionanti che sono nella corte della casa da nobile si assegnano le prime due case La stimo di cap.le netto lire mille trecento ottantaquatro soldi 7 d. 6. dico 1384.7.6

sua porzione della casa da nobile, tra cui una saletta, ed una cucina col suo sup.re, la metà del luogo di fabrica nuova, li duoj stallini con sopra cascina pocho tempo fa construtti, la metà della Corte pigliata dalla  parte verso Levante. la stima di capitale netto lire duemilletre cento settantasette, soldi dodici, denari sei. dico 2377.12.6

Dopo aver fatto presente, che le parti dovranno lasciare libero accesso affinché entrambe possano godere dei beni assegnati, con un piccolo esborso della parte “B” che  serve a equiparare i due capitali, con precisione l’agrimensore tira la riga e la  due somme coincidono all’ennesima cifra decimale. Capitale netto totale della parte “B” lire 10644.5.9

La divisione è compiuta, solo il tempo per qualche altra disposizione: le parti potranno farsi ombra con le “pergole” che sorgono di fronte alle proprietà di ciascuno, con lo stesso criterio saranno mantenuti i muri di cinta. A questo punto, per ritornare a quei modi di dire che anche se pungenti riportavano verità scomode, succede, anche se in apparente accordo, quello che era l’esito di lunghe e tormentate  divisioni testamentarie, ecco che i nostri “fàn a mezz anca ul tavul” (traduco, dividono a metà anche il tavolo, con le conseguenze che ciò comporta). La  parte della costruzione, indicata come “fabbrica nuova”, sarà divisa a metà da un muro che sorgerà a spese di entrambe le parti, ma non è finita. Siamo  alla fine di settembre quando la divisione e sua ratifica arrivano a compimento, passano ancora una quindicina di giorni ed ecco che le parti si ritrovano per la definizione legale dell’atto. Per la figlia Claudia si presenta con le dovute deleghe il futuro marito il signor Gerolamo Carcano, e il solito Ottavio Osio, le parti devono essere assegnate, ma prima una serie di eccezioni, che erano probabilmente sorte nel frattempo, richiedono la mediazione e l’ufficializzazione delle prescrizioni del Besana, ed ecco una serie di altre disposizioni. Accertarsi che i  mobili e le stoviglie siano stati divisi equamente e se così non fosse intervenire per risarcire la parte lesa. I legnami tagliati devono rispondere agli stessi criteri di divisione equa. Nel giardino i gelsi sono presenti solo nella parte che sarà assegnata a “B” , questo è un problema, dunque si da facoltà alla parte “A” in occasione del San Martino dell’anno seguente 1718 di levare 12 gelsi e trapiantarli altrove, nel frattempo la parte “B” dovrà guardarsi nel compiere azioni che possano danneggiare tali piante. Intanto, sono sbocciati differenti punti di vista, sulle prescrizioni della prima ora, tra gli oggetti del contendere,  i muri da costruire per dividere le due proprietà,  la cavillosità di un azzeccagarbugli appare poca cosa, a confronto delle innumerevoli eccezioni che vengono intavolate e a cui il buon Besana avrà cercato di mettere una pezza.

Evitiamo di addentrarci ulteriormente, anche se le pagine vergate a mano con le serie di eccezioni sollevate e le sanzioni per il mancato rispetto fanno sempre più corposo il plico. Per la cronaca abbiamo contato ben 59 fogli di pergamena che compongono l’intero istrumento. Alla fine ci siamo chiesti e penso la curiosità sarà anche vostra, ma come sono state assegnate le parti?

La sorte ha così sentenziato:

La parte “A” va alla signora Claudia, la parte “B” al signor Ottavio.

Per chiudere il cerchio sappiamo  dall’istrumento, che l’oratorio era comune alle parti, per qualche motivo, una delle due ha potuto col tempo vantare maggiori diritti. Con il cammino a ritroso che abbiamo fatto, ci accorgiamo  che il privilegio è toccato infine alla nostra signora Osculati, che risulta essere  la discendente del ramo che trova origine nella figlia Claudia Osio che aveva sposato il Gerolamo Carcano.  In occasione del catasto teresiano appare evidente la divisione della corte principale del Bruno, con la parte comprendente il “locale uso oratorio” che  corrisponde alla parte “A” della divisione del 1717, assegnato alla proprietà del signor Carcano.

NOTE

1)  La pertica citata, corrisponde ad una superficie di 654,5 metri quadrati, corrispondeva a 24 tavole, ogni tavola identificava una superficie di poco superiore ai 27 metri quadrati, per avere una tavola occorrevano 12 piedi, ogni piede valeva 2,27 metri quadrati, a sua volta il piede era diviso in 12 oncie, l’oncia aveva una superficie di 0,19 metri quadrati.

2)  La lira imperiale era divisa in 20 soldi, ogni soldo corrispondeva a 12 denari. E’ interessante, sapere che questo sistema monetario era in vigore da tempo remoto. Fu Carlo Magno a sostituire il sistema romano con questa suddivisione. La lira che prese tale nome in occasione del conio di una moneta da parte di Federico I attorno al 1160, era il corrispettivo di 1 libbra d’argento,  come istituito da Carlo Magno. A quell’epoca per ogni libbra d’argento che i privati conducevano alla zecca, la stessa rilasciava 240 denari. Per lungo tempo dunque l’unica moneta “battuta” fu il denaro, mentre i suoi multipli soldo e lira rimasero sempre monete di conto. Nel tempo ci furono differenti tentativi di coniare una moneta dal valore nominale di una libbra d’argento. Ecco che dall’epoca carolingia sino al 1700 inoltrato, diverse “lira” videro la luce, di differenti leghe d’argento e pesi, senza che nessuna potesse godere della dovuta stabilità monetaria nel tempo. Nel 1717 vigeva dunque ancora questo sistema e i valori delle proprietà citate erano basati su una moneta fittizia e dunque non circolante.