25 Aprile 2024: Il Monumento alla Resistenza di Carlo Bestetti e Francesco Caglio
di
Paolo Cazzaniga
Nell’occasione della ricorrenza del 25 Aprile voglio rendere omaggio all’amico Carlo Bestetti scomparso nell’agosto del 2022. Lo ricordo, in questa sede, quale autore del Monumento dedicato alla Resistenza, collocato in via Roma. Ancora, in questo spazio, un breve video di montaggio con spezzoni di filmati, ripresi nel 1942, che ritraggono Francesco Caglio, prima che venisse imprigionato e giustiziato dal regime fascista a Fossoli nel luglio del 1944. Nello stesso filmato compare anche il padre di Carlo Bestetti, Enrico, internato a Mauthausen e poi a Gusen, a differenza del Caglio sopravvisse e ritornò a casa nel 1945.
Il Monumento alla Resistenza
Iniziamo con le note stese da Carlo Bestetti in occasione dell’inaugurazione, occorsa nel 1975, che raccontano le motivazioni e il processo artistico che lo hanno condotto alla realizzazione del Monumento alla “Resistenza”.
Con l’inaugurazione del monumento dedicato alla Resistenza, ho ritenuto opportuno attraverso questo scritto far conoscere alla popolazione i motivi artistici e politici che mi hanno spinto ad esternare il mio atto di fede, concretizzandolo in una espressione artistica. E stato mio intendimento conseguire con esso attraverso lo studio e la pratica un effetto determinato contro le assurdità e le atrocità della guerra.
Oggi, 1975, è necessario che un artista parli al suo pubblico e quindi al suo fruitore per giustificare la sua produzione artistica e di conseguenza per continuare a comunicare per poter verificare le risultanti del messaggio.
Qualsiasi attività artistica, spesso, è portatrice di nuove idee che contribuiscono alla trasformazione della società purché in esse non venga soffocata la libertà. Questa è stata la costante che ho tenuto presente nel realizzare la scultura: parlare cioè della Resistenza in modo contemporaneo con la presenza di una concezione completa e complessa della storia considerando quindi la condizione dell’uomo sulla terra, nel cosmo.
La strada scelta di liberare la scultura dalla sua concretezza materiale per raggiungere una condizione più ampia, meno accademica, visualizzando la libertà della materia: si identifica nel dramma vissuto dell’uomo e da sempre in lotta per i suoi ideali. In questa direzione mi sono preoccupato di comunicare la condizione dell’oppressione, della morte, ma soprattutto del dolore. E a questo punto che in me è scaturito, essendosi però incubato e martoriato nel tempo – così come nasceva allora nelle masse l’esigenza di Liberazione quando fu chiaro che nazismo e fascismo erano dottrine portatrici di morte fisica e di pensiero – il bisogno di rappresentare i resti di quello che era un uomo che pur scheletrito trova la forza di svincolarsi ed urlare alla Libertà.
Ecco che pertanto non ho voluto appartenere al cosiddetto mondo superiore dell’arte pura, poiché non avrei potuto tener conto a chi e per chi la scultura era diretta: al pubblico. Quando si saranno abbandonati i preconcetti di arte scolastica come generalmente si crede erroneamente debba essere l’arte: allora si potrà, per opere di questo significato, non tener conto del fruitore. Sono convinto comunque che le espressioni artistiche di pittori e scultori appartenuti ai giorni lontani coesistono con quelle dei giorni nostri. Anche dei ragazzi ho voluto tener conto, pertanto, così giustifico la rappresentazione lineare di un volo d’uccelli e quella pesante, dura, incoerente, illogica della guerra. Come del resto è. Ho voluto che restasse a loro qualcosa, ho inteso colpire la loro psicologia, renderli attenti. Spero che se non immediatamente, almeno nel tempo, nella loro vita possano per un attimo, in qualsiasi frangente ricordare quelle visioni. Allora devono anche ricordare che non si deve scendere in armi, usare la violenza per la violenza, sopraffare, uccidere un altro uomo solo perché è di opinioni opposte. Devono ricordare che sono figli che vengono dalle stesse madri e dagli stessi padri che avevano, hanno ed avranno il solo torto di appartenere a mondi e visioni opposte. Facciano più e meglio di Loro e si scontrino in un dibattito democratico. Ecco come giustifico le frasi di Brecht, di Padre David M. Turoldo, di Bulat Okudzava, di Quasimodo e Piero Marelli che ho inserito nel basamento. Personalmente ho fatto quello che per ora ho potuto e saputo fare.
Carlo Bestetti
Francesco Caglio
Così nei ricordi di Tonino Sala.
Ne ricordo il sorriso dolce alle prove di una recita oratoriana, mentre indossava il costume da prete, e la paziente disponibilità alla ripetizione delle battute e dei gesti, perché entrassero ben salde nelle nostre teste distratte. Aveva il ruolo di un prete d’oratorio che sopportava le angherie di un prepotente ma che finiva poi vendicato dai suoi giovani.
“…Han ciapà Francesch da la Cà, si… ul Fra…” Facevo allora il chierichetto; il brivido di sgomento che gelò la sacrestia quando fu arrestato lasciò tutti ammutoliti. Curato, coadiutori, il sagrestano Cesarin, amico intimo di Francesco, si guardavano l’un l’altro impietriti, quasi in attesa di un evento ancora peggiore che non doveva tardare a venire.
L’incalzare delle immagini nella memoria, anche se sbiadite dal tempo, ne fanno ancora una figura viva nei vari momenti: nella divisa bianco-rossa della Confraternita del S.S.; calciatore nei tornei oratoriani; instancabile animatore ed inventore di giochi coi ragazzini in Oratorio; sapiente catechista …
Dall’arresto non tornava nessuno. Sembrava che qualche personaggio influente potesse intervenire ma erano pie illusioni: finì fucilato.
A guerra finita, da Fossoli, la salma fortunosamente riconosciuta fu portata al paese: una folla enorme anche dai paesi vicini partecipò alle sacre cerimonie. poi uno stuolo di partigiani in divisa con una selva di bandiere rosse, azzurre e tricolori la accompagnò al cimitero.
Nel corteo verso il cimitero ero finito accanto a un gruppo con alla testa un sacerdote, che avrei avuto, poi, come insegnante qualche tempo dopo: don Egidio. A che livello fosse già arrivata la tensione politica mi venne rivelato da una battuta indirizzatami dal prete; indossavo per l’occasione un pullover granata che generò l’invettiva: “sfilzal quel lì che l’è róss!”.
La delegazione di Monza era guidata da don Egidio Cappellini, coadiutore a San Gerardo, insegnante di religione alle professionali commerciali “Bellani” e animatore del movimento partigiano della zona. (In classe, quando nel settembre ‘45 ricominciarono le scuole, frequentavo allora il terzo anno, casualmente nel discorso venne fuori il nome di Caglio; quel giorno don Egidio non parlò di religione, ma nel rievocare i suoi rapporti con Francesco facendone un ritratto vivo e palpitante, cercò di aprirci la mente acerba al concetto di “ribellione morale”, che a suo dire era stata l’anima di tutto il movimento.)
Vi furono discorsi celebrativi, alcuni oratoriani si succedettero nell’orazione funebre: ricordo il chilometrico intervento del sindaco Tadini, pronunciato in due sezioni, inframmezzato da quello della signora Arcelli, e poi ripreso fino alla conclusione.
Il filmato
I vari spezzoni furono girati nel 1942 in occasione dell’insediamento ad Arcore del Parroco Albero Monti. Nell’occasione Nino Beretta, assistente per le attività dell’oratorio, e autore delle note che stese per il “Cronicon” parrocchiale scriveva: “Per ottima iniziativa del Comm. Giuseppe Gilera, industriale del luogo, funzionerà, per tutti i festeggiamenti in programma, la macchina del cinema, che poi verrà proiettata“.
NOTA: Enrico Bestetti si riconosce, quale portabandiera dell’Azione Cattolica, nel corteo che scende verso la località Taboga alla Ca’.
Un ringraziamento alla famiglia Tremolada che ha messo a disposizione i filmati originali, di sua proprietà.
Un altro 25 Aprile
Il 25 Aprile 1974, cinquant’anni fa, con la “rivoluzione dei garofani” il Portogallo, si affrancava dalla dittatura e ritrovava la democrazia. “Grândola Vila Morena” e una canzone che incarna quella stagione d’emancipazione del Portogallo.
Aspetti, località e storia della Brianza. "Ci sono paesaggi, siano essi città, luoghi deserti, paesaggi montani, o tratti costieri, che reclamano a gran voce una storia. Essi evocano le loro storie, si se le creano". Ecco che, come diceva Sebastiano Vassalli: "E’ una traccia che gli uomini, non tutti, si lasciano dietro, come le lumache si lasciano la bava, e che è il loro segno più tenace e incancellabile. Una traccia di parole, cioè di niente".