STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: “IL SIMBOLISMO”

STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: “IL SIMBOLISMO”

Continuiamo l’excursus, sempre piacevole e pieno di nuovi apporti, che nel loro svolgere temporale, delineano con semplicità,  mai superficiale, una storia dell’Arte Moderna, come a Gino Casiraghi è piaciuto interpretarla. Anche questi aspetti meno noti al grande pubblico, come il “simbolismo fantastico-romantico”, oggetto di questa puntata, entrano nel nostro sapere e aggiungono emozioni sempre personali, che altrimenti non avremmo avuto il piacere di cogliere.

IL SIMBOLISMO

fantastico-romantico

Verso il 1885 l’impressionismo dà ormai segni di affievolimento. Non tanto presso il grande pubblico che non lo ha ancora del tutto accettato, ma negli ambienti intellettuali d’avanguardia, sempre alla ricerca di nuovi orientamenti culturali. A determinare il cambiamento di gusto contribuisce in modo decisivo la pubblicazione (1884) del nuovo romanzo di Huysmans:  “A rebours”.

 

Questo scrittore era stato discepolo di Zola, quindi (precedentemente) seguace del naturalismo. Il suddetto libro (in decisa antitesi al naturalismo) diventa subito il canonico riferimento di un nuovo esaltante clima letterario e culturale che farà proseliti in tutta Europa; basta citare i nomi di Oscar Wilde e D’Annunzio. Il protagonista del romanzo sovverte ogni regola di vita. Rifugge dalle attività sociali ed ama la solitudine. Evita scrupolosamente la luce naturale e vive praticamente di notte. Ricerca un “bello” insolito e prezioso, oggetti di strana e raffinata eleganza. Il clima culturale generato da tale nuovo estetismo, favorisce gli artisti oppositori del naturalismo, quelli emarginati dal fenomeno impressionista. Questi sono: Gustave Moreau, Odilon Redon, Rodolphe Bresdin, Pierre Puvis de Chavannes e altri. Il concetto di “bello” si è ormai spostato verso un’immagine di gusto fantastico e visionario; una visione che si colloca tra il mito, l’onirico e il fantastico. Come condizione di gusto, i simbolisti sono vicini ai preraffaelliti. La loro è la proposta di un mondo diverso da quello reale, un mondo suggestivo e misterioso, chiuso alla vita quotidiana. Al contrario del simbolismo di Gauguin e degli artisti a lui ispiratisi (i Nabis) i quali puntano sui sentimenti, le sensazioni e le emozioni prodotte dalla natura; i simbolisti “romantici” si addentrano ad esplorare i profondi misteriosi strati dell’anima. Sono queste introspezioni degli stati d’animo; dei rapporti misteriosi fra la struttura psichico-visionaria e la profondità imperscrutabile della realtà che determinano la sensibilità fantastico-romantica. I simbolisti, contemporanei degli impressionisti, non si interessano della natura, degli uomini, della società dell’epoca. Il loro è come un viaggio nel mistero. E l’intento è di scoprire ed esprimere quanto può esserci di magico e di favoloso nella realtà. Pertanto le loro opere sono caratterizzate non solo dalle atmosfere di un mondo fantastico e misterioso, ma anche cariche delle tensioni della psiche, dell’inquietudine e dell’angoscia che percorrono i meandri dell’inconscio e dell’onirico.
Essi respingono le concezioni moderniste e si esaltano, nella passione per il passato. Si ispirano alla classicità greco-latina, agli eroi della mitologia che traducono in visionarie atmosfere mistico-immaginarie di un decadentismo enigmatico spesso opprimente.

Oltre all’inquietudine “romantica” (specialmente sul versante tedesco: Boecklin e Klinger); oltre all’idea di una purificazione della realtà e una sensitiva percezione del mistero, il simbolismo manifesta una sua concezione di moralità e di valori esistenziali.
Per un ulteriore chiarimento artistico-culturale, accenno ancora alla sostanziale differenza fra i due simbolismi già considerati. Il simbolismo di Gauguin e seguaci si fonda sulla sintesi formale e cromatica: le forme sono elementari e i colori piatti. Nell’altro simbolismo, prevale la definizione e la cura del dettaglio. La pittura è una sorta di sublimazione visionaria della natura; è una pittura preziosa, piena di echi mitologici e intrisa di tormentata sontuosità e decadente eleganza. Assai curato è il disegno, e i colori sono intensi, come cristallizzati.
Come in tutti i movimenti, anche nel simbolismo la fisionomia stilistica delle diverse personalità si configura a seconda delle aree culturali da cui provengono. Ognuno, a modo suo, traduce la propria condizione ideologica in figurazioni più o meno allegoriche ed emblematiche. E’ bene rilevare che pure tra i simbolisti c’è chi guarda ancora alla natura, come Redon. Ma mentre gli impressionisti ne accolgono la globalità, per Redon e colleghi i dati naturali sono estratti come frammenti, come elementi isolati inseriti in un clima di mistero e di morbosa raffinatezza.
Molto ci sarebbe da dire dei simbolisti. Accenno solo a qualche personalità di rilievo: una di queste è Gustave Moreau, la più osteggiata. La sua ricerca è complessa. All’inizio sembra unire il mondo classico antico della pittura (vedi quella di Pompei ed Ercolano) e la cultura romantica. Scandaglia tutta l’arte rinascimentale e la “maniera”, fino a Delacroix. E’ mediante questa profonda cultura pittorica che costruisce il proprio stile. I suoi principali riferimenti sono la mitologia e i personaggi biblici. Non concepisce la piatta realtà terrena, ma vuole un’umanità elevata in un Olimpo ideale. Per lui dipingere è creare un mondo fantastico carico di tensioni narrative e simboliche. Il suo segno è semplificante, a volte dissolvente a volte invece è minuzioso, bloccato in un eccesso di definizione; mentre il colore è acceso, sfolgorante.
Al contrario di Moreau la cui ricerca espressiva è fantasmagorica, artificiale e spettrale, Redon è ancora legato, come si è detto, agli aspetti naturali. Le sue opere risentono ancora del richiamo della natura, sia pure ammantata da una patina di mistero.
E’ dal grande lavoro, fra l’altro, di oreficeria di Moreau e Bresdin, dalla loro straordinaria lavorazione di metalli e pietre preziose che nascono oggetti di altissima cura artigianale, ricercati e raffinatissimi.
Una caratteristica del Simbolismo è di esibire l’oggetto (sempre un po’ gelido e spettrale) come una preziosità idolatrica. Da questi precursori del nuovo gusto estetico (simbolico-decadente) scaturiranno i canoni, dell’ Art Noveau, o Liberty, o Floreale, o Jungendstil, a seconda della lingua che viene usata.
Il Liberty, come stile ornamentale, architettonico, artigianale, oggettistico, di moda, eccetera; insomma delle cosiddette arti “minori” o applicate (antesignane del moderno disegno industriale -Design-) nasce in Inghilterra. Il suo primo artefice, consigliato e stimolato dai pittori, è Arthur Lasenby Liberty. Questi fonda la ditta omonima per la fabbricazione di oggetti e suppellettili di altissima qualità. Però il termine Liberti, che costituisce anche la marca di tali ricercati prodotti, strano a dirsi, viene identificato e divulgato dalla nomenclatura e dal pubblico italiani. Del termine non c’è traccia in Europa.
Lasciamo il mondo delle arti “minori” o “subordinate” di chiara cultura simbolista, e torniamo alla pittura; considerando ancora la personalità di Moreau. Egli è il simbolista stilisticamente (pure come condotta morale e concezione di vita) più scrupoloso e inflessibile. La sua eccitazione visionaria, ma soprattutto la sua divampante pittura ha certamente contribuito a originare il Fauvismo. Infatti i suoi allievi: Matisse, Camoin, Marquet, Rouault e altri, all’inizio del 1900 accentuano quel suo acceso cromatismo dando vita all’esplosione fauve.

Moreau muore nel 1898 quasi ignorato o addirittura dileggiato dalla cultura pittorica dominante. Ma viene subito riscoperto dalle nascenti Secessioni.

ARRIVEDERCI ALLA PROSSIMA PUNTATA:

“I NABIS”