Risulta un movimento di notevole peso culturale, in quanto ha la precisa consapevolezza del proprio operare in rapporto al momento storico: carico di fermenti ideologici (vedi il Risorgimento) e di spirito rivoluzionario.
I giovani artisti, che di solito si riuniscono al caffè Michelangelo, manifestano grande entusiasmo per le nuove ricerche. Si parla e si discute con accesa passione della “macchia”, la novità con la quale si intende combattere il conformismo accademico, l’ufficialità, storico-celebrativa col suo retorico vuoto.
I primi esponenti di tale tendenza, sono Telemaco Signorini e il Cabianca; ai quali si aggiungono Silvestro Lega, Vito D’Ancona, Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani. Al gruppo si unisce, nel 1859, l’artista più geniale e rappresentativo: Giovanni Fattori, anch’egli per esprimersi, appunto mediante le possibilità offerte dal nuovo linguaggio.
Vediamo brevemente cosa si intende per “arte della Macchia”. Si scopre e si sostiene vivacemente, che in natura non esistono i contorni delle cose; pertanto si deve trovare il modo di rendere la realtà secondo questa intuizione. Le figure, devono stagliarsi sullo sfondo per contrasto, ottenendo il rilievo mediante il chiaroscuro.
Detto cosi è semplice; ma le conquiste espressive sono faticose e non sempre felici.
I Macchiaioli, addirittura, affermano che bisogna rendere in pittura ciò che l’occhio percepisce: ossia macchie di colore determinate dalla luce e dall’ombra. Inoltre, l’artista, non dev’essere influenzato da aspetti pittorici codificati.
Tale enunciazione precede cronologicamente la teoria degli impressionisti, anche se non è, evidentemente, sostenuta dall’altrettanto lucido linguaggio pittorico.
Ad ogni modo il movimento è spalleggiato e sostenuto da critici valenti e coraggiosi quali il Martelli, il Cecioni, il Signorini.
C’è nella loro pittura una spasmodica ricerca del “vero”. Interessa loro la consistenza dei corpi e la dimensione classica dello spazio.
Come gli impressionisti, anche i macchiaioli all’inizio ricevono critiche feroci. Eccone alcune: “La pittura di Signorini è vuota e smunta”; “il falso splendore della natura di Cabianca”; “la gamma grigia dei toni di De Nittis”.
Come si è detto, gli artisti di tale movimento, dapprima stentano ad imporre le loro idee, e soprattutto i risultati pratici delle loro teorie.
Ma dopo l’esposizione del 1861, dove tutta l’arte italiana può confrontarsi, il gruppo ottiene i primi riconoscimenti da parte dell’intelligenza più viva; anche se il pubblico continua ad ammirare il romanticismo accademico, ormai degenerato in forme retoriche e celebrative.
Il limite dei Macchiaioli, è di conservare un atteggiamento tradizionale nei riguardi della realtà. Il loro è un linguaggio figurativo ancora legato alla testimonianza.
A differenza degli impressionisti, essi raccontano la cosa, ma non riescono a identificarsi. In sostanza più che credere ed immergersi nella realtà, ne risultano i cronisti.
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