La Madonna del Dosso di Velate; miracoli o eresia

La Madonna del Dosso di Velate; miracoli o eresia

di Paolo Cazzaniga

 

L’Oratorio in una ripresa aerea (Elaborata da un video di Dante Colombo)

Il 16 luglio la Chiesa celebra la ricorrenza di “Nostra Signora del Monte Carmelo”, più semplicemente la Madonna del Carmelo, a cui ricordiamo è dedicato l’edificio religioso, a forma circolare, noto come “Oratorio del Dosso di Velate”. Edificato negli anni Venti dell’Ottocento dal nobile Francesco Croce, con il concorso dei contadini del luogo, grazie alle offerte raccolte per onorare una miracolosa Madonna, la cui immagine ornava l’unica parete superstite del diroccato antico Oratorio dedicato a San Giacomo. La nuova costruzione volle appunto inglobare al suo interno la Vergine che faceva miracoli. Una Madonna che aveva iniziato i suoi prodigi anni avanti. Il primo evento risaliva al 1686. La fama si era accresciuta nel corso di un secolo e mezzo, fino a quando, il citato Francesco Croce, proprietario del Masciocco della Valmora, così come del terreno su cui, nel 1822 si era edificato l’oratorio, chiede nel 1837 il permesso alla Curia per celebrare la messa, nel nuovo edificio.


Dalla rilevazione del Catasto Teresiano, 1721 la presenza dell’Oratorio dedicato a San Giacomo

La Lombardia in quel tempo dipende in tutto e per tutto dall’Austria, l’arcivescovo di Milano non può essere che un austriaco, Gaetano Gaisruck, uomo di fede e di ordine, prima di esprimere un parere, si rivolge al sub-economo dei beni vacanti della Chiesa, per il distretto di Vimercate, ricopre la carica tutta teutonica, don Ambrogio Ponzoni, che vuole il caso, essere anche parroco di Usmate. La relazione di don Ponzoni avrà fatto saltare sulla sedia il Gaisruck. Qui la situazione, oltre ad escludere qualsiasi autorizzazione per la messa, richiede provvedimenti risolutori.

L’arcivescovo di Milano Gaetano Gaisruck e a fianco la relazione inviata da don Ambrogio Ponzoni nel 1838

La prima testa a saltare è quella del Parroco di Velate don Ambrogio Cassina. Dobbiamo dire del povero parroco, che tra l’altro, quando nella stagione estiva, per scongiurare la minaccia di quei temporali che avrebbero distrutto il raccolto dei già miserabili contadini, non mancava di radunarli e in processione salire al Dosso per invocare la Madonna. Dicevamo di don Ambrogio, parroco per vent’anni, una lunga e provata missione non bastò a salvarlo. Sparì dalla scena e dalla storia. Una recente ricerca, all’Archivio Diocesano di Milano, ha confermato l’oblio. Nel consultare il resoconto annuale prodotto da sempre dalla diocesi ambrosiana, indica per l’anno 1838, don Cassina come parroco di Velate. Nell’anno successivo per Velate è indicato il nuovo parroco, don Cassina non figura ne nell’elenco dei defunti dell’anno prima e nemmeno in quello dei trasferiti in altro luogo o a altro incarico.

Ritorniamo alla Madonna miracolosa e alla relazione del Ponzoni, che oltre ad esprimere un evidente scetticismo, sull’autenticità dei miracoli, sottolinea una serie di palesi irregolarità, che dirigono l’arcivescovo a negare il nullaosta per la messa e ad invitare le autorità civili a vigilare e impedire ai fedeli e non, di frequentare il Dosso. Chiede di porre particolare attenzione verso quegli sfaccendati, riferendosi alla “corte dei miracoli” che si è venuta a formare attorno all’oratorio, frequentato di giorno e di notte, da questi individui. Don Ponzoni rimarca ancora come l’oratorio sia stato edificato senza permessi e gestito in autonomia da un tesoriere factotum, nominato non si sa da chi, che si fa garante delle cospicue offerte, consenziente occulto Francesco Croce. Per alzare la posta aggiunge di una giovane che a qualsiasi ora si porta dalla cascina in cui abita, all’oratorio per introdurre i nuovi fedeli e farne partecipi dei prodigi avvenuti.

L’oratorio del Dosso di Velate oggi

Comunque autorità religiose e civili, volenti o nolenti, la Madonna persevera nell’elargire miracoli. Nel 1842 salva un uomo investito da un cavallo imbizzarrito, nel 1853, miracolato un giovane che precipita in acqua mentre sta salendo su un traghetto. Cronaca degli eventi, tramandata da due ex voto sfuggiti alla spoliazione subita dall’oratorio quando “finalmente” come verga il parroco di Velate don Carlo Fantoni nel dicembre del 1957, passa alla parrocchia. Ritorniamo a metà Ottocento per ricordare come tra i due miracoli, nel 1846 Francesco Croce muore e lascia i suoi beni alle figlie Carolina e Giuseppina a cui affida i due oratori che erano stati di sua proprietà, a Carolina il Dosso a Giuseppina quello del Masciocco dedicato alla Madonna del Carmelo. Nonostante la vena miracolosa non si prosciughi, le due sorelle sono corrucciate, dalla semi-clandestinità in cui versa il loro oratorio. Ecco che mettono in atto un piano, o perlomeno i fatti che andiamo a raccontare così ci fanno ipotizzare.

Nel 1854 chiedono ed ottengono dalla Curia che la dedicazione dell’Oratorio del Masciocco passi dalla Madonna del Carmelo a Sant’Eurosia. Ricordiamo come questa santa, in genere oggi poco conosciuta, era invocata per proteggere i raccolti, specialmente nei mesi estivi, dai temporali e dalle tempeste. Considerato il luogo, campagna e poi ancora campagna e i contadini, la cui vita dipendeva dall’andamento dei raccolti, l’invocazione a Sant’Eurosia era più che pertinente. Ritorniamo al piano delle sorelle: due anni dopo, nel 1856 si presenta al Dosso l’arcivescovo Romilli, per una Visita Pastorale e, purtroppo per le sorelle, conferma il divieto di celebrare e solleva addirittura dubbi sul culto che veniva praticato nella chiesetta.

Le due Madonne a confronto. La Beata Vergine, come appare sugli ex voto, a destra la Madonna del Carmelo, da notare le gambe piegate in posizione alquanto innaturale a testimoniare le probabili modifiche intervenute sul dipinto.

Qui forse il colpo di genio: “Cambiamo faccia alla Madonna”, detto fatto, la dedicazione della Madonna del Carmelo è disponibile, perché non passarla al Dosso? Chiamano un pittore di fiducia a cui affidano l’incarico di un restyling alla Beata Vergine, la cui immagine, come aveva confermato il Romilli, era dietro l’altare. Il risultato è quello che oggi troneggia all’interno dell’Oratorio. La Madonna non è più quella raffigurata sui due ex voto che abbiamo visto in precedenza, ora è accompagnata dal Bambino Gesù, che regge lo scapolare, simbolo della Madonna del Carmelo e circondata da santi. Il progetto delle sorelle Croce, nel commissionare le modifiche aveva voluto essere rispettoso della storicità del luogo e degli affetti famigliari.

L’interno come si presenta oggi (Elaborata da un video di Dante Colombo)

Il cartello segnaletico, posto all’esterno dell’Oratorio, non fa giustizia alla lungimiranza delle sorelle e forse meriterebbe di essere aggiornato, lanciamo un appello. Vediamo un po’: primo non è la Madonna, ma il Bambino ad offrire lo scapolare, e qui possiamo anche sorvolare. San Pietro è inconfondibile per le chiavi del paradiso che regge.

Il cartello segnaletico con diverse imprecisioni

La figura di San Giacomo con la conchiglia del pellegrino, posta sul cappello

 

Il santo sulla destra, non è tuttavia San Rocco, ma quel San Giacomo, titolare dell’antico Oratorio, lo riconosciamo per la conchiglia del pellegrino che porta sul cappello. Per il sacerdote inginocchiato, indicato come San Carlo, dobbiamo dire che assomiglia poco a quanto ci restituisce l’iconografia classica dell’alto prelato, ricordiamo fra le particolarità il naso prominente, che qui manca. Pensiamo che la figura proposta possa essere stato un omaggio delle sorelle ad uno zio, fratello del padre Francesco, che era appunto un sacerdote. Giusto per finire di fare le pulci al cartello aggiungiamo che l’Oratorio fu donato alla parrocchia nel 1957 mentre il 1963 indicato dalla scritta è l’anno in cui la donatrice, Giuseppina Borghi Belgir, muore. Abbiamo ancora tempo per confermare come la potenza divina non abbia confini.

Il confronto: a destra, il prelato raffigurato ai piedi del dipinto, a sinistra una rappresentazione di San Carlo, da un quadro esposto nel vicino Oratorio del Masciocco

La rinnovata Madonna, continuò con i suoi miracoli. Quando la proprietà del Dosso, passa alla famiglia Borghi, viene raccontato di un nuovo evento miracoloso. Purtroppo la reticenza delle autorità religiose, che ha sempre accompagnato le vicende del Dosso, non ci ha tramandato il racconto dell’evento. Il prodigio comunque rilancia la fama del luogo e con le nuove offerte Giuseppe Borghi edifica il campanile e la sacrestia, siamo nel 1882. Le persone anziane ci dicono, fin dove può andare la loro memoria, che erano soprattutto le donne che volevano avere figli a rivolgersi alla Madonna del Dosso, e molto spesso venivano esaudite. Così per grazia ricevuta si lasciava un segno, una tavoletta che raccontava del miracolo, come abbiamo visto, o più semplicemente un cuore, spesso d’argento che scioglieva il voto. Quando poi nel 1957 l’Oratorio passa alla Parrocchia, in un attimo tutti gli ex voto, vengono rimossi e solo un paio di cuori e i due quadretti, giungono sino ai nostri giorni.

Il campanile e la sacrestia edificati nel 1882 da Giuseppe Borghi, proprietario in quell’epoca dell’Oratorio

Una immagine d’epoca dell’interno dell’Oratorio negli anni ’50 del Novecento, prima che fosse spogliato dei numerosi ex voto, che ornavano l’altare. (immagine messa a disposizione da Giuseppe Mapelli)

Concludiamo con l’amara constatazione che l’Oratorio del Dosso e l’immagine miracolosa della Madonna, abbiano dovuto fare i conti, nonostante la fede popolare non avesse mai nel tempo avuto dubbi sulla genuinità dei miracoli, con gli apparati ecclesiali, Parrocchia in primis, esclusi dal controllo del culto e soprattutto dalla raccolta della “pecunia”, in certi periodi molto cospicua, ma sempre pronti a marchiare le pratiche come eretiche, per delegittimare quanto al Dosso avveniva. Ricordiamo quale altra sorte toccò alla Madonna del Bosco, (un primo miracolo nel 1617) nella non lontana Imbersago e ancora esemplare la Madonna del Lazzaretto di Ornago, che aveva fatto sgorgare un’acqua miracolosa, siamo nel 1714. Solo dopo ripetuti e controversi processi ecclesiastici e grazie all’intervento di personalità eminenti del luogo, ottenne la sua “patente miracolosa”, una patente a cui l’Oratorio del Dosso, per i motivi di cui abbiamo detto, non si è mai potuta fregiare.