STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: “I NABIS”

STORIA DELL’ARTE MODERNA INTERPRETATA DA GINO CASIRAGHI: “I NABIS”

Riprendiamo il filo del discorso anche con la nostra singolare “Storia dell’arte moderna” nella originale veste pensata da Gino Casiraghi. Questa volta è il “campanile” dei Nabis che intravediamo all’orizzonte e che velocemente raggiungiamo, per conosce anche questa non notissima corrente.

I NABIS

Abbiamo visto che diverse espressioni artistiche, di natura sensibile, rientrano in quel genere poetico fantasioso e immaginario chiamato Simbolismo. Ora rievochiamo brevemente quel movimento nato nel periodo postimpressionista  verso il 1890, il quale si propone di rivestire l’idea di una forma percepibile ai sensi; o rappresentare idee astratte in forma concreta. Promotore ed esponente di maggior rilievo e Paul Gauguin (per certi versi rientra anche van Gogh). Al vero il concetto di simbolismo si amplia e si mescola con altre manifestazioni artistiche, di cui la più rilevante, per assunto teorico (si fa per dire) è quella definita «Nabis».

All’accademia Julian, una scuola privata piuttosto conformista e non proprio seria, frequentate da gente eterogenea compresi dilettanti e perditempo, si incontrano, fra uno stuolo di anonimi frequentatori, un gruppo di giovani pittori tra cui emerge il già esperto Paul Sérusier. Altri sono: Maurice Denis, Paul Ranson, Pierre Bonnard,  Henri-Gabriel Ibes. Questo affiatato gruppetto si definisce gli “ispirati”, i “profeti”, “nebiim”, termine di origine ebraica poi semplificato in NABIS.
Questi pittori, anch’essi insoddisfatti del naturalismo, propongono un nuovo simbolismo, praticato pure nella condotta esistenziale, nel modo di essere e perfino nell’abbigliamento. Il loro è un atteggiamento “misticheggiante” ma non serioso. Anche il loro operare è, a volte austero e raffinato a volte elementare e grottesco; caratterizzato quindi da diversi interventi e pluralità di indirizzi.
Paul Ranson, di condizioni agiate, mette a disposizione del gruppo il suo grande atelier, che diventerà la sede dei Nabis, ove si svolgeranno cerimonie più o meno spiritose e grottesche. Comunque la loro concezione artistica, anche se apparentemente sorta da un radicale “idealismo”, non è mai stata rigorosa e austera, o appesantita da manifestazioni esoteriche. Il loro è un simbolismo pseudo-magico e raffinato, che si sgancia dalla realtà verosimigliante e dalla piatta normalità. Tra i membri del gruppo non si svolge un’attività omogenea, ma una pluralità di espressioni, spesso anche antitetiche, che comunque non minano la convivenza del sodalizio. Ogni membro esprime la propria distinta personalità che però non costituisce causa di rottura.
I Nabis provenivano tutti dalla borghesia. Non avevano esigenze materiali, l’assillo della vendita per vivere; potevano perciò fare tranquillamente accademia eversiva, esprimere tutto il loro disgusto verso una società mirante alla vita pratica e al benessere concreto.
Questi giovani pittori hanno il fervore che di solito si manifesta nei sodalizi fortemente “ideologizzati”. Abbiamo visto che avversano la modernità; e le loro scelte teorico-operative, si rivolgono a valori antichi, al ritorno di concezioni di vita medioevali. E pur avendo sempre come riferimento il fascinoso modello della natura, prediligono l’immaginazione e la fantasia. La natura viene colta perlopiù in modo stilizzato e sintetico (lezione di Gauguin), con l’aggiunta di “valori” mistico-sentimentali e utopici moralismi. Sensibili ai richiami spiritualistici, e addirittura non esenti da seduzioni “misteriosofiche” e occultistiche, devono comunque fare i conti con la costruzione del quadro. Pertanto i dati di sensazione e di natura non possono venir meno, anche se poi, l’organizzazione spaziale viene effettuata sul piano bidimensionale. Le loro opere, come si è detto, sono infarcite da chimerici idealismi. Cercano spesso di accostare gli incantesimi divini alle lusinghe diaboliche; di conciliare spirito e natura, realtà e immaginazione, “verità” e fede. Sono comunque pieni di contraddizioni, non solo fra i membri del gruppo, ma anche in uno stesso individuo. I loro intenti non sono mai sostenuti da una chiara concezione operativa. Non avendo la loro pittura un ben definito orientamento stilistico, a volte si appesantisce, sfiorando dei rigurgiti accademici; e oltretutto risultano piuttosto anonimi. Per i Nabis, la componente estetica dell’ arte è sempre funzionale a qualcosa d’altro, a qualcosa di non mondano, di misteriosamente mistico.
I due teorici del gruppo, Serusier e Denis, propongono, al fine di una proporzione idealizzata del quadro, alcune norme basate sull’uso dei numeri primi più semplici. Ecco uno schema: il numero 3 “significa Dio”; il numero 4 “simboleggia l’equilibrio della materia”; il numero 7 “esprime l’unione del Creatore e della creatura”: 3 più 4. Tale simbolismo è legato a teorie teosofiche, in modo da creare un connubio tra rigore (in apparenza) matematico e attributi mistici. Queste pretese scientifico-spiritualiste, espongono la loro poetica a un facile ludibrio; sono motivo di scherno da parte del mondo culturale e artistico.
La loro avventura idealistica sarà l’ultima tendenza artistica dichiaratamente simbolista. Dopodiché nascerà l’arte “autonoma”: Cubismo, Astrattismo, ecc. , un’ arte considerata per sé stessa, sganciata da ogni orpello romantico.
Questo scritto rileva solo alcune caratteristiche essenziali dei Nabis. Presi ad uno ad uno, molto ci sarebbe da dire di questi pittori, ma non è questo il contesto.

ARRIVEDERCI ALLA PROSSIMA PUNTATA:

HENRI ROUSSEAU