
ARCORE GENESI DI UN NOME
La proposta di una interessante ricerca sulle origini del nome “Arcore”.
L’autore è il signor Tonino Sala, appassionato e cultore di storia locale. In passato ha realizzato come coautore, un pregevole volume: “Arcore, un popolo la sua chiesa il suo territorio”. Collabora, per la parte dedicata alle ricerche storiche, con la pubblicazione comunale “Arcore per te”.
ARCORE GENESI DI UN NOMEdiTONINO SALA |
||
L’imposizione di un nome è un atto metafisico di valore assoluto; con ciò si stabilisce l’unione tangibile e definitiva dell’uomo e della cosa, poiché la ragion d’essere della cosa consiste nel venire localizzata tramite il proprio nome, mentre la funzione dell’uomo è di parlare per dargliene uno.
SARTRE |
||
INTRODUZIONE |
||
Per spiegare lo spirito della ricerca credo opportuno stralciare da “Ipotesi sulle radici preindoeuropee dei toponimi alpini” P.L. Rousset, parte dell’introduzione al testo alla quale mi sembra inutile aggiungere altre parole: Invito al viaggio tra parole e storia I nomi di luogo, quasi fossili dimenticati, meriterebbero un’attenzione ben maggiore; la sonorità di qualcuno, così piena, sembrerebbe uscita da una scintilla di creazione divina. Altri invece ci urtano a tutta prima per la loro dissonanza, tutt’altro che famigliare. Nomi comunque destinati ad animare la nostra terra, conferendole significato e sapore; consacrati dall’uso, come l’arredo di casa, anche se ce ne siamo scordata l’esatta provenienza. Nomi lasciatici dai nostri progenitori in misura assai più copiosa di quanto essi non abbiano fatto con strade monumenti e tombe. Talora sono toponimi di origine sconosciuta, ma tuttora vivi; davvero straordinari se sono riusciti a sopravvivere per millenni, più o meno intatti. Possono essere eredi di un grido emesso allora durante il trambusto dell’azione, oppure frutto della saggezza, del giudizio o dell’esperienza. Echi di una lingua dimenticata che continua a risuonare nella nostra bocca, talvolta un po’ gonfiati, talaltra tronchi, quasi sempre reinseriti in un diverso contesto fonico. Forme diverse che il tempo ha levigato e che, per la loro varietà, si prestano ad essere classificati in famiglie quasi fossero fiori Gli appellativi più recenti non richiedono di solito molta fantasia per palesare il proprio significato; non così quelli di origine molto antica, che possono essere decifrati solo con un’indagine estesa alla storia, agli idiomi ed alle leggi dell’evoluzione fonetica. Nonostante ciò, alcuni toponimi, di incerta datazione, restano veri enigmi: essi imbavagliano la nostra intelligenza con irritante superbia, rendendo tangibile la nostra ignoranza. Paradossalmente la loro inaccessibilità e il loro ermetismo incutono rispetto e conferiscono maggior prestigio. Per tentare d’interpretarne il significato, la ricerca deve essere estesa anche alla realtà ambientale che il toponimo in qualche modo deve rispecchiare, comparando situazioni simili in altre aree geografiche con la tesi degli studiosi della materia. L’onomastica è scienza relativamente giovane, tutt’ora in fase di progresso: certamente in futuro le conoscenze aumenteranno. Queste pagine sono state redatte pensando a tutti coloro che amano la propria terra, il proprio villaggio, le acque e le montagne circostanti, e che si augurano di scoprirne sempre di più i segreti legami culturali col mondo del passato ricostruendo le maglie della lunga catena umana. Anni di lavoro nel settore della toponomastica mi hanno insegnato che gli errori d’interpretazione possono essere numerosi e ricorrenti e che io non debbo ritenermene immune. Chiedo venia prima ancora di portare il mio modesto contributo: un tentativo di sviluppo nuovo, possibile di ulteriore perfezionamento. Ripercorrerò gli itinerari di presunte migrazioni, chiederò aiuto alla filologia, all’antropologia, alla preistoria e alla storia, al fine di scoprire la ricchezza dell’eredità lasciataci dalle centinaia di generazioni che costituiscono lo spessore del nostro sottofondo umano. Il tutto per meglio comprendere e rispettare la terra dove viviamo. Origine dei nomi ed evoluzione del linguaggio La toponomastica non studia altro che l’eco delle parole umane, mentre la geologia studia i segreti della crosta terrestre. Tuttavia le due discipline presentano qualche analogia. Esse vanno via via confondendosi, quando si percorre a ritroso nel tempo il fantastico cammino dell’umana cultura, frutto entrambe delle prime constatazioni sul terreno e delle prime impressioni. Non solo, ma come gli strati del terreno si impilano gli uni sugli altri nel corso delle centinaia di milioni di anni, così i toponimi si sovrappongo a strati successivi a misura di secoli. In tutte e due le scienze il livello più antico va definito substrato ed è stato oggetto di azioni disgregatrici, sottoposto a enormi pressioni che lo hanno deformato e reso talvolta irriconoscibile, a causa di spinte orogenetiche o linguistiche. Ogni strato conserva i suoi fossili e l’evoluzione continua impercettibilmente, da una parte per opera degli agenti terrestri ed atmosferici, dall’altra per effetto d’un cambiamento etnico o culturale, o ancora per via di un nuovo utilizzo dell’ambiente. Continuando nella metafora, esiste una deriva per i continenti ed un’analoga instabilità per le lingue. Dopo periodi di uso corrente, talune espressioni vengono dimenticate, altre cambiano significato, altre ancora passano in eredità alla civiltà successiva, sempre in debito di qualcosa alla precedente. La ricchezza di un vocabolario proviene sovente da una molteplicità di prestiti e di scambi di ogni genere. Gli idiomi pre celtici, in uso per migliaia d’anni, hanno lasciato numerose tracce nelle parlate alpine. Se poi passiamo a discutere di fonetica le trasformazioni sono ancora più evidenti sia nella modulazione dei suoni, sia nel ritmo, sia nella sillabazione, con aspirazioni, raddoppi, cancellazioni, agglutinazioni. Una evoluzione inconscia ma continua, intesa istintivamente a rendere la pronuncia più facile. Per lo studio dei toponimi si rende quasi indispensabile la conoscenza dei suoni antichi, di solito ancora presenti nei patois locali, e delle leggi che hanno governato le loro trasformazioni. I nomi originali, derivati dal greco, dal celtico o dal latino sono passati attraverso il latino volgare, l’idioma in uso tra mercanti, soldati e coloni. All’epoca dei re merovingi, longobardi e carolingi, il basso latino, mescolato ai resti di parlate liguri, celto-galliche, franche, germaniche, ha dato origine alla “lingua romana rustica”, che, secondo le diverse capacità foniche ed articolatorie dei vari popoli, assunse particolarismi regionali. In seguito sono intervenuti altri particolarismi a frammentare ulteriormente l’area linguistica. L’evoluzione dei termini latini è nota, meno quella dei vocaboli gallici, quasi sconosciuta quella delle forme più antiche. Ma oltre alle trasformazioni fonetiche, altri problemi vengono a complicare le cose. Alcune denominazioni ufficiali, imposte dall’amministrazione romana che suonavano troppo colte o straniere, sono state sostituite da toponimi più efficaci e più comprensivi, quando addirittura non hanno ripreso le voci precedenti, col decadere delle istituzioni imperiali. Il fenomeno è ben documentato lungo gli itinerari delle vie consolari. Altre volte è l’originario nome autoctono ad essere soppiantato. Famiglie di toponimi, a prima vista assai diversi, in realtà non lo sono mentre altri, che in apparenza si somigliano, non derivano affatto dallo stesso ceppo. Può anche. capitare che sullo. stesso nome sussistano parecchie ipotesi: la toponomastica non e una scienza esatta e presenta i suoi punti oscuri. Tuttavia, Il fatto che per una stessa denominazione si affaccino interpretazioni diverse, ciò non prova una congenita fragilità della nostra ricerca scientifica, ma semmai dimostra la complessità dei problemi sollevati e la nostra incapacità a risolverli. Quanto all’ortografia, occorre procedere molto guardinghi, perché essa non è sempre corretta nei documenti antichi. Gli amanuensi medioevali sovente latinizzavano ciò che al loro orecchio suonava un po’ troppo “barbaro”, mentre i successivi addetti all’amministrazione o i compilatori di carte, non pratici dei dialetti locali, non capivano il significato di certi nomi, o non sapevano come scriverli. Questa la causa più frequente di molte storpiature o di errori in serie che ci siamo tirati dietro sino ad oggi. Perciò la prima lettura deve essere fondamentalmente critica: occorre il riscontro della pronuncia locale e possibilmente la conoscenza della morfologia del terreno interessato. |
Come nascono i nomi? La necessità di identificare nel discorso luoghi visitati, ma che non hanno ancora avuto una nominazione, costringe, chi ne parla, a ricorrere a perifrasi fisio-grafiche per richiamarli alla memoria degli interlocutori e la caratterizzazione preminente viene, frequentemente, a costituirne il nome.
(Al paese di mia suocera, Montemagno d’Asti, proprio di fronte al balcone della sua casa, lontano un tiro di schioppo, sul dorso di una collina, fra le quattro case di un cascinale, vi sono numerosi, alti e grossi pioppi – Populus Tremula – che nel dialetto locale sono detti “arbre”, dal latino “arboretum”, e la località è conosciuta come “ou an ca l’arbre”: là dove vi sono i pioppi. I pioppi caratterizzano il luogo e gli danno il nome: la cascina è chiamata oggi “Albera”) Anche il ricordo di fatti specifici accaduti o di ritrovamenti serve, a volte, a denominare il luogo col nome del fatto stesso. La nomenclatura delle cose segue, spesso, la stessa regola. (Anni fa, mentre con l’amico Porta si andava a raccoglier chiodini nei boschi del vallone di Corezzana, mi capitò di sentir battezzare una lunga fila di Clitòcybe Nebularis – il comune “fungo della nebbia” che nell’autunno, infeltrendo e colonizzando col suo micelio le foglie cadute, genera una vera e propria esplosione di frutti – col nome dialettale di ” A ROSC”, che significa: “a frotta, stormo, sciame”. Il modo di presentarsi lo caratterizzava e un neologismo appropriato ne generava il nome) |